martedì 5 dicembre 2006

Ma la Google generation è davvero pronta per il mondo del lavoro?

Puoi chiamarla Google generation, definirla età dei Millennials, etichettare i suoi appartenenti come digital native: comunque sia, stai parlando di tutti i giovani che fin dalla più tenera erà hanno vissuto in simbiosi pervasiva con il computer, Internet, il cellulare, le console e tutti gli altri oggetti tecnologici che hanno fatto parte del loro naturale processo di crescita e di apprendimento. Dei fenomeni correlati all'evoluzione di questi individui si è detto e scritto a più non posso, senza però entrare mai per davvero nel merito di un aspetto cruciale, quello che riguarda il loro approccio con il mondo del lavoro nel momento in cui si affacceranno alle sue porte.

Creare un blog: corso multimediale

Per riflettere sulla questione, Xerox ha commissionato alla specializzata Forrester Consulting uno studio teso a verificare come e quanto le aziende europee siano pronte a soddisfare le esigenze e gli stili di lavoro della nuova generazione nata e cresciuta nel pieno dell'era digitale. La risposta più generale ai quesiti emersi da questa riflessione è negativa: sebbene siano stati indubbiamente compiuti molti passi in avanti, la crescente richiesta di flessibilità e di miglioramento dell'equilibrio tra vita professionale e personale è ancora in larga parte insoddisfatta.

Intitolato "Is Europe ready for Millennials", lo studio di Forrester si è basato su un campione di circa 1.600 top manager di 16 Paesi europei. Ad emergere sono state innanzitutto diverse carenze, da parte delle aziende interpellate, nella pianificazione del monitoraggio di siti, gruppi di discussione, forum, blog, nonché nell'essere in grado di contribuire con questo genere di risorse per trarre spunti nel migliorare e riorganizzare la gestione del business. Per riassumere tutte queste dinamiche, la società di ricerche ha coniato anche la locuzione di "dislessia digitale", sindrome che, a sua detta, si manifesterebbe in ogni circostanza in cui si verificasse l'esigenza di adottare tecnologie legate al social computing.

Nella sua interprestazione all'indagine, Xerox ha tratto come conclusione il fatto che le aziende sono riuscite a compiere adeguatamente nel settore delle risorse umane solo quei cambiamenti con i quali la maggior parte dei manager riesce a rapportarsi facilmente, vedi, per esempio il lavoro flessibile. Ma quando le modifiche richiedono invece l'adattamento a un modo di lavorare che è stato reso possibile solo dalle nuove tecnologie emerse nell'ultimo decennio, cominciano i dolori. Per esempio, una percentuale sorprendentemente elevata di aziende consente al proprio personale di lavorare con orari flessibili (76 per cento) e, occasionalmente, anche lontano dall'ufficio (67 per cento), mentre sono ancora molto poche le realtà in grado di erogare quegli strumenti di cui i "Millennial" hanno bisogno per supportare il lavoro remoto, a meno che non si tratti di tool estremamente affermati e già presenti nel bagaglio di esperienze consumer delle persone. Telefono cellulare e Pc portatile risultano essere le uniche tecnologie mobili fornite da molte aziende, mentre solo una piccola minoranza aggiunge anche i Pda (11 per cento) e i dispositivi wireless per la posta elettronica (10 per cento). Similmente, quando si analizzano gli stili di lavoro e l'infrastruttura dell'ufficio emerge come i portali basati su browser e la possibilità di stampare quantità di carta illimitate sono le risorse a disposizione della maggior parte delle persone (61 per cento); tuttavia solo il 5 per cento degli interpellati lavora in aziende che forniscono lettori MP3/4 e solo il 15 per cento ha accesso a contenuti webcast.

Rogerio Fangueiro, General Manager della Southern Entity di Xerox Europe, ha dichiarato: "Le aziende che non riescono a rispondere alle esigenze basilari di una forza lavoro operante all'interno di una società dell'informazione sempre online saranno svantaggiate. Faranno fatica a trattenere i nuovi assunti e capire le necessità delle prossime generazioni di partner e clienti”.

Tra le azioni che, in coda all'analisi, la ricerca suggerisce di compiere al fine di colmare il gap, c'è per esempio l'individuazione di opportunità di utilizzo e di gioco con le nuove tecnologie. Attraverso la sperimentazione dei nuovi strumenti, i Millenial possono infatti imparare e fornire valide indicazioni, suggerendo alle aziende anche nuovi modi con cui utilizzarli.

Un altro precetto riguarda l'introduzione di attività di lavoro che comportino istanze collaborative, mediante gruppi online, di discussione, comunità dedicate e, più in generale, ogni veicolo di questo tipo che agevoli nell'acquisizione e nella condivisione della conoscenza. Infine, la rapidità nell'introduzione delle nuove tecnologie e la consapevolezza che esse siano un elemento in grado di facilitare le interazioni umane, più che un mezzo per risolvere problemi di processi di business legati a persone o ad aspetti organizzativi.

Fonte: Panorama

1 commento:

Anonimo ha detto...

penso che il problema non siano le generazioni, ma le aziende che danno sempre meno certezze

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